Reinaldo Arenas, “Vi lascio in eredità tutte le mie paure…”

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Reinaldo Arenas (Holguín, 16 luglio 1943 – New York, 7 dicembre 1990) è stato uno scrittore, poeta, drammaturgo e saggista cubano. Passò la maggior parte della sua vita combattendo il regime di Fidel Castro attraverso la sua arte. Sotto il profilo letterario, non politico, subì l’influenza di José Lezama Lima. Inizialmente favorevole alla rivoluzione comunista a Cuba, giovanissimo si arruolò nelle truppe rivoluzionarie, ma si allontanò da Castro negli anni sessanta, ravvisando aspetti di violenza del regime e ne pagò il prezzo venendo censurato e molestato. I suoi cinque romanzi comprendono i poetici Otra vez el mar e El palacio de las blanquísimas mofetas, che a sua volta comprende Pentagonia su una “storia segreta” del periodo post-revoluzionario di Cuba.

Nel 1973 venne incarcerato a causa della sua omosessualità apertamente dichiarata, e più tardi venne obbligato a rinunciare al suo lavoro. Fu detenuto al Morro, fu lungamente torturato, tentò il suicidio ma non vi riuscì; grazie a qualche falso turista riuscì a far uscire alcune sue opere, dall’estero organizzarono la sua fuga ma fallì, scontò la pena e poi andò ai lavori forzati. Durante gli anni settanta ha provato diverse volte a fuggire da Cuba, ma senza riuscirci. Nel 1980, quando Castro permise un esodo di massa di omosessuali e altre persone non gradite al regime, si organizzò per uscire dal paese. Dato però che il suo lavoro presentava chiaramente i problemi sociali e politici di Cuba, gli venne proibito di partire. Tuttavia, tramite un trucco, cambiò il suo nome in Arinas sul suo passaporto e riuscì così ad andarsene da Cuba. Si stabilì a New York, dove nel 1987 gli venne diagnosticato l’AIDS. Durante quest’ultimo periodo scrisse la sua autobiografia, Prima che sia notte, che venne inserita nella lista dei dieci migliori libri dell’anno 1993 dal New York Times, e da cui nel 2000 venne tratto il film Prima che sia notte.

Arenas si suicidò nel 1990 con una overdose di droga e di alcol, lasciò un biglietto con scritto «Vi lascio in eredità tutte le mie paure, ma anche la speranza che presto Cuba sia libera».

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